sabato 25 gennaio 2025

F1 Anni Settanta, foto dall'Archivio di Franco Bossi

F1 Anni Settanta
50 foto dall'Archivio di Franco Bossi
riproduzione riservata




















































A MBE 2025 un museo di 13 Harley-Davidson storiche. Con ‘Venetia 1947’.


Dopo aver festeggiato i 25 anni di attività, e anche di ininterrotta presenza a tutte le edizioni delle Fiere organizzate da Paola Somma e Francesco Agnoletto, l’officina Boccin Custom Cycles da Eraclea (VE), presenta nel suo stand al padiglione 4 una selezione di moto che hanno fatto la storia di Harley-Davidson. Il customizzatore veneto è da sempre riconosciuto come uno dei massimi esperti dei “motori in ghisa”: dai Flathead agli Shovelhead, passando per i Knucklehead e Panhead.

A Verona i titolari Lorenzo e Donatella Solighetto mostrano al pubblico un piccolo museo di 13 pezzi storici. Si parte dal 1921, con un Model JD equipaggiato di motore F-head 1000 (1911-1929), per arrivare alla fine degli anni Novanta. L’elenco comprende anche un Model VL del 1932, un Model U del 1942, entrambi con motore Flathead a valvole laterali, uno dei più longevi della Motor Company, prodotto dal 1929 al 1973.

L’era Knucklehead (1936-1947) è rappresentata da un Model FL 1200 del 1945 e da una EL 1000 del 1947. Quella del Panhead (1948-1965) da quattro FL Hydra Glide del 1948, ’49, ’51 e ’57. Due FLH del 1973 e ’77 montano invece il celebre motore Shovelhead (1966-1984). Infine, il Big Twin Evolution 1340 (1984-1999) trova la sua collocazione all’interno di mezzi rari e molto ricercati dagli appassionati, due Heritage Softail Nostalgia: la prima un modello del 1994, chiamata anche “Cow Glide” o “Moo Glide” per via degli inserti su sella e borse in pelle di mucca Holstein; la seconda è una “Color of Money” del 1996, altro nomignolo datole per via della colorazione “Mystique Green”.

Oltre a questa collezione, Boccin ha portato a Verona la versione definitiva di un Knucklehead del 1947 presentato a settembre a Eternal City Motorcycle Show e un secondo Knuckle, sempre del ’47, svelato in anteprima venerdì mattina.

Si tratta di una delle moto custom più acclamate di questo MBE, la “Venetia 1947”, realizzata dall’officina Boccin Custom Cycles di Eraclea (VE). Un chopper su base Knucklehead del 1947, la cui particolarità sono i serbatoi di olio e benzina realizzati in vetro dal maestro di Murano Damiano Carrer. Un progetto nato solo a dicembre, poco più di un mese prima dell’inizio di MBE.

(Credits: Motor Bike Expo - Ufficio Stampa)









venerdì 24 gennaio 2025

Inaugurata Motor Bike Expo 2025, ­ Verona palcoscenico delle anteprime mondiali su due ruote ­


Aperto oggi a Veronafiere Motor Bike Expo 2025, il grande appuntamento dedicato ai motociclisti. Presenti alla rassegna 700 espositori da 20 Paesi, con 33 Case motociclistiche, che confermano il peso sempre più rilevante dell'evento.

"Apriamo questa manifestazione in una nuova dimensione di spazi e di internazionalità, un Motor Bike Expo al servizio dei motociclisti e delle aziende. – hanno ricordato i fondatori e organizzatori Francesco Agnoletto e Paola Somma. – Il segnale al pubblico e agli operatori è forte: 20% di spazio in più, un completo restyling dei padiglioni, nuovi iniziative e servizi. Questo è il Motor Bike Expo più grande di sempre, una risposta concreta in termini di numeri e di qualità che ci rende orgogliosi”. Anche il presidente di Veronafiere, Federico Bricolo, ha ricordato l’importante crescita qualitativa della rassegna: “Una manifestazione che parla agli appassionati del settore e che nasce dalla passione per le due ruote. Con anteprime mondiali, eventi, esibizioni e talk, l’edizione numero 17 si preannuncia un’esperienza da non perdere per professionisti e appassionati”.

All’inaugurazione, oltre a numerose autorità locali, è intervenuto Matteo Zoppas, presidente di Agenzia ICE: Zoppas ha sottolineato che tra gli appuntamenti più importanti per il mercato c'è "Motor Bike Expo, che sta crescendo ogni anno di più e che si sta ritagliando un ruolo di primo piano per il segmento b2c".

Nel suo saluto ai motociclisti, il ministro del Turismo, Daniela Santanchè, ha ricordato che il mototurismo è in crescita e, nel congratularsi per i grandi risultati della manifestazione, ha sottolineato che “Motor Bike Expo è Rock! È una Fiera dove si respira energia e passione”.

FOTO DAVIDE STORI














mercoledì 22 gennaio 2025

F1 / La 'prima' in rosso di Lewis Hamilton.


Maranello, 22 Gennaio 2025 - Il circuito privato della Ferrari ha ospitato l'attesissimo debutto di Lewis Hamilton su una monoposto della Scuderia Ferrari HP. La pioggia tipicamente inglese di lunedì, primo giorno di Lewis in Ferrari, ha lasciato il posto alla nebbia che ha parzialmente nascosto il numero enorme di tifosi che si sono ritrovati sul cavalcavia di via Giardini, a Maranello, che si affaccia sul circuito privato della Ferrari. Condizioni meteo che rappresentano una coincidenza curiosa, visto che anche il primo test a Fiorano dell’altro sette volte campione del mondo, Michael Schumacher – il 16 novembre 1995 – era stato avvolto dalla nebbia. Alle ore 9.16 la SF-23 numero 44 è uscita per la prima volta dal box per un giro di installazione con gomme da bagnato sotto lo sguardo attento del Team Principal, Fred Vasseur, e del vice Jerome d’Ambrosio. In garage erano presenti anche i famigliari di Lewis, visibilmente emozionati. L’inglese, una volta rientrato, è rimasto in macchina e ha dato per radio le prime indicazioni all’ingegnere di pista Riccardo Adami e ai suoi colleghi. Poco dopo sulla sua Ferrari sono state montate gomme da asciutto e il test è iniziato per davvero, con Lewis che ha alternato giri lanciati a soste per provare partenze e prendere confidenza con le procedure della monoposto. Ad osservarlo c’era anche il vicepresidente Piero Ferrari, arrivato nel frattempo a Fiorano. Nel complesso l’inglese ha percorso 30 giri per un totale di 89 chilometri, meno probabilmente di quanto avrebbe desiderato, ma da quest’anno anche i cosiddetti test TPC (acronimo di Testing of Previous Cars, prove effettuabili su vetture vecchie di almeno due stagioni) sono limitati per i titolari, che non possono percorrere più di mille chilometri nel corso dell’anno. Dopo le prove Lewis si è riunito con gli ingegneri nel debriefing della sessione al termine del quale si è fatto portare sotto la curva nella quale erano assiepati i tifosi per salutarli e ringraziarli del caloroso benvenuto in questi primi giorni da ferrarista.

Lewis Hamilton #44: "Fin qui nella mia carriera ho avuto la fortuna di poter vivere molte "prime volte": il primo test, la prima gara, il primo podio, la prima vittoria e il primo campionato. Quindi non ero sicuro di quante altre "prime" speciali avrei potuto ancora vivere, ma guidare per la prima volta una monoposto della Scuderia Ferrari HP questa mattina è stato uno dei momenti più belli della mia vita. Quando ho messo in moto la vettura e sono uscito dal garage, avevo il mio sorriso più grande stampato sul volto. Mi ha ricordato la primissima volta che ho testato un'auto di Formula 1, un momento così emozionante e speciale. Oggi, quasi vent’anni dopo, ho provato di nuovo quelle stesse emozioni. Sapevo già, da osservatore esterno, quanto fosse appassionata la grande famiglia Ferrari, da ciascun membro del team ai Tifosi! Ma poter vivere tutto questo in prima persona da pilota della Scuderia è davvero straordinario. La passione scorre nelle vene di tutti, ed è impossibile non lasciarsi trascinare da essa. Sono incredibilmente grato per l’affetto che ho sentito da parte di tutti qui a Maranello in questa settimana. C'è molto lavoro da fare, ma non vedo l’ora di iniziare". (credits: Ferrari.com)

Ph credits Maurizio Rigato - riproduzione riservata

























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martedì 21 gennaio 2025

Novità per ICE Challenge: si corre a Saint Rhemy en Bosses l’1 e 2 febbraio



BMG Motor Events, in collaborazione con la Commissione ACI Sport Off-Road e Cross Country Rally, annuncia che è stato raggiunto l’accordo per il quarto round del Campionato Italiano Velocità su Ghiaccio 2024/2025 con la pista aostana di Crévacol, a Saint Rhemy en Bosses (Aosta) per il weekend dell’1 e 2 febbraio.

Si tratta della prima volta in assoluto per la serie tricolore neve-ghiaccio sul tracciato di La Rosiere, impianto che negli anni scorsi è stato utilizzato in più di un’occasione per test pre stagionali privati da parte dei concorrenti di ICE Challenge. Una notizia importante dopo l’annullamento del round previsto in Francia, che permette alla serie di ampliare ulteriormente gli orizzonti offrendo una sfida ancora più completa dopo Pragelato e Livigno.
Va precisato che la scomparsa di Adriano Priotti, patron del tracciato di Pragelato dove si sarebbe dovuto correre anche il 25-26 gennaio e l’8-9 febbraio, ha implicato delle ulteriori procedure amministrative per ottenere l’utilizzo della pista e pertanto il round di fine gennaio è stato al momento rinviato, mentre quello dell’8-9 febbraio è ancora in fase di lavorazione.

Dopo i primi tre intensi round della stagione, la classifica generale vede una situazione di straordinaria competitività. Raffaele Silvestri e Aldo Pistono condividono il comando con 120 punti ciascuno, un risultato che evidenzia il livello altissimo di questa stagione. Entrambi hanno mostrato competitività e velocità, con Silvestri rallentato dall’errore commesso a Livigno e Pistono dalle difficoltà tecniche di Pragelato e dalla stallonatura di Livigno.
Al terzo posto, a soli 6 punti di distanza, veleggia un costante Luciano Cobbe con 114 punti, seguito dal mattatore di due ruote motrici Franco Picconi a 113. Quinto e ampiamente in corsa, seppure leggermente staccato, il campione in carica Giovanni Saracco con 88 punti che ha tuttavia saltato il round di Livigno, mentre Sergio Durante è sesto con 84, lasciandosi aperte tutte le opportunità.

La settima posizione è occupata da Andrea Chiavenuto a quota 80 punti, seguito da Michele Bormolini (70), che ha fatto segnare risultati importanti nel terzo round. A completare i primi dieci ci sono Yannik Bohé (61) e Eric Scalvini (59), entrambi protagonisti di una battaglia serrata per le ultime posizioni della top 10.
Con questa classifica così compatta, ogni punto guadagnato potrebbe fare la differenza nel prosieguo del campionato e correre su una pista nuova per tutti non fa che aggiungere incertezza alla serie. Il programma per Saint Rhemy en Bosses è in fase di definizione, ma si prospetta un sabato con libere e qualifiche prima di manche uno completamente in notturna. Domenica warm-up di buon mattino e poi a seguire le restanti due manche. In fase di conferma anche la copertura televisiva.

ICE Challenge - Campionato Italiano Velocità su Ghiaccio 2024/2025
Classifica dopo Round 3
1. Raffaele Silvestri pt. 120; 2. Aldo Pistono pt. 120; 3. Luciano Cobbe pt. 114; 4. Franco Picconi pt. 113; 5. Giovanni Saracco pt. 88; 6. Sergio Durante pt. 84; 7. Andrea Chiavenuto pt. 80; 8. Michele Bormolini pt. 70; 9. Yannik Bohé pt. 61; 10. Eric Scalvini pt. 59.

(foto Caldani)





lunedì 20 gennaio 2025

La Dakar 2025 della Squadra Corse Caffi raccontata da Carcheri e Pons



La polvere si è posata sull’impegno della Squadra Corse Angelo Caffi alla Dakar Classic 2025, quinta partecipazione consecutiva con il pilota ligure Luciano Carcheri, per il secondo anno navigato da Fabrizia Pons.

L’equipaggio, che ha trovato un intenso feeling sportivo, ha scritto una pagina di grande spessore nel corso di questa durissima maratona desertica in Arabia Saudita. Una storia iniziata nel migliore dei modi nel corso delle prime due giornate, che ha trovato una prima criticità verso la fine della Marathon dell’Epifania, quando una testina dello sterzo ha costretto Carcheri e Pons ad una riparazione di fortuna in pieno deserto.

Dopo quell’episodio, l’Isuzu Vehicross #735 ha girato come un orologio, perfettamente curata meccanicamente dallo stesso Carcheri che ha seguito direttamente, senza l’ausilio di staff tecnico, i ripristini ed i controlli meccanici tappa dopo tappa. L’incedere ha permesso all’equipaggio di recuperare ben venticinque posizioni salendo al dodicesimo posto assoluto. Le ultime due tappe, hanno poi messo ulteriormente alla prova il percorso della Squadra Corse Angelo Caffi, ma Carcheri e Pons hanno comunque concluso la corsa, classificandosi di un soffio fuori dai primi venti.

"Concludere la Dakar Classic 2025 è stata un’impresa incredibile - ha commentato Carcheri durante il rientro in Italia - anche se non siamo riusciti a salire fisicamente sulla pedana d’arrivo. Abbiamo dovuto affrontare una serie di sfide, a partire dalla terza giornata, quando un problema tecnico ha lanciato una prima sfida alla nostra nostra gara. Ma, con determinazione, siamo riusciti a risolverlo, permettendoci di tornare in corsa e rimontare ben 25 posizioni in poco più di otto giorni.

“Purtroppo, negli ultimi 15 km di gara, il motore si è fermato: la ventola aveva toccato il radiatore, causando una perdita d’acqua che ci ha costretti a ricorrere al traino. Per fortuna la parte competitiva era finita, eravamo nel trasferimento verso il bivacco e il palco d’arrivo. Sono comunque molto orgoglioso perché facendo tutto da solo, con il massimo impegno, è stata una doppia soddisfazione. Anche così, sono soddisfatto: concludere questa Dakar, dopo settimane durissime, è un traguardo in sé”.

“Il percorso è stato una vera prova di forza: lunghe ore alla guida, numerosi controlli, e ritmi serrati. La mia auto è stata impeccabile e la collaborazione con Fabrizia, che mi ha sostenuto anche nei momenti più difficili, è stata fondamentale. Dormivo solo tre o quattro ore a notte, ma la passione e l'adrenalina mi hanno spinto fino alla fine. Voglio rivolgere un ringraziamento speciale al team SSP di Julien Saumet per la loro professionalità soprattutto nelle delicatissime fasi degli ultimi due giorni. Tornare a collaborare con loro, dopo 30 anni dalla nostra prima Dakar insieme quando lavoravano con il papà, Michele, è stato emozionante. Questa Dakar è stata dura, ma ogni difficoltà superata ha reso l’esperienza ancora più memorabile. Sono felice di aver portato a termine questa straordinaria avventura con Fabrizia e la Squadra Corse Angelo Caffi. Grazie a tutti per il supporto!"

“Dopo un inizio esaltante e promettente, abbiamo dovuto rallentare un po’ a causa della stanchezza: questa Dakar Classic è stata durissima, soprattutto considerando che Luciano ha gestito tutto da solo - ha aggiunto Fabrizia Pons - È stato fondamentale mantenere un livello di concentrazione altissimo, giorno e notte, per affrontare una vera avventura che è stata non solo una sfida sportiva, ma anche una prova contro noi stessi.”

“È stato difficile doverci fermare a soli 15 km dal podio d’arrivo, anche se eravamo ormai in trasferimento. Meritavamo di salire sul palco, ma nonostante questo finale a metà, siamo comunque soddisfatti. Abbiamo portato a termine un’avventura straordinaria, con tutto l’impegno e la passione possibili. Abbiamo resistito alla nebbia, al deserto, alle poche ore di sonno, alle difficoltà tecniche. Tornare a casa dopo un’esperienza simile è già una vittoria!" (Agenzia ErregiMedia)






domenica 19 gennaio 2025

Le Ferrari dimenticate


Testo di Massimo Campi
Illustrazioni di ©Luigi Ubezio
Immagini di ©Raul Zacchè; Massimo Campi; Archivio Marasca

Negli anni ’60 la realtà Ferrari era molto diversa da quella attuale. Il cavallino rampante era già famoso nel mondo grazie alle vittorie ed alla conquista di titoli mondiali con le monoposto e le ruote coperte, ma Enzo Ferrari era ancora un piccolo costruttore che stava ponendo le basi per il futuro. Il motorsport di quelle stagioni non si basava solamente sulla Formula 1 ma anche sulle gare endurance con le vetture sport e si poteva anche correre in altre categorie sia con le monoposto che con le ruote coperte. 

Campionati che non avevano una titolazione mondiale ma avevano ingaggi e premi molto allettanti e consentivano anche la commercializzazione di vetture per i clienti privati ed un grande ritorno pubblicitario. In questo contesto nascono le corse della Temporada Argentina, la Tasman Cup e la Can Am. Paolo Marasca, giornalista e grande esperto del mondo Ferrari, ha incontrato gli appassionati in un evento organizzato da MAMS – Monza Auto Moto Storiche e dal Ferrari Club Vedano al Lambro, per raccontare alcune Ferrari cosiddette minori, le “Ferrari dimenticate” che però hanno scritto alcune pagine gloriose nella storia del motorsport.

La Ferrari Dino, dalla Formula 2 alla Tasman Cup ed alla Temporada Argentina

Nel 1967 nasce la Formula 2, anticamera della Formula 1 che utilizza monoposto con motori di 1,6 derivati da unità di serie. Ferrari è attratto dalla categoria, inizialmente la Commissione Sportiva Internazionale emana un regolamento con il propulsore che doveva essere derivato da una unità di serie prodotta in almeno 50 esemplari, ma alla sua attuazione la produzione sale a 500 esemplari. Enzo Ferrari non si scompone e si rivolge alla Fiat stringendo il primo accodo commerciale tra Maranello e Torino per la produzione di due vetture sportive, sotto il nome “Dino” con motori di 6 cilindri. 


Nasce la Dino Fiat e la Dino 246 prodotta dalla Ferrari con motore centrale. L’unità V6 verrà utilizzata come base per la monoposto che parteciperà alle gare di Formula 2 e della Tasman Cup. Dopo una serie di sviluppi, Tino Brambilla porta alla vittoria la monoposto, la 166 F2, il 13 ottobre 1968 ad Hockenheim. In seguito verrà impiegata nella Temporada argentina, una serie di gare che venivano disputate in Sudamerica a fine stagione, dove vince il campionato con Andrea De Adamich.
Chris Amon in quegli anni è il pilota principale della Ferrari ed anche il collaudatore preferito da Mauro Forghieri. Quando prova la monoposto di Formula 2 sulla pista di Modena ha una intuizione “Forghieri la monoposto è nata bene, è agile, perché non gli mettiamo sopra il 6 cilindri portato a 2,4 litri ed andiamo a correre nella Tasman Cup?” Il direttore tecnico del cavallino ed Enzo Ferrari appoggiano l’idea del pilota neozelandese e preparano la prima vettura che esordirà nella corse australi con Amon.

lla fine della Formula 1 di 2,5 litri i costruttori inglesi si oppongono alla nascita della Formula 1 di 1,5 litri e cercano di dare vita ad una nuova categoria, la Formula Libre che continua a correre con i vecchi motori. La categoria non ha molto successo nel vecchio continente ma si sviluppa soprattutto agli antipodi con la Tasman Cup dove si corre nella stagione invernale con premi molto allettanti e la partecipazione dei migliori piloti di Formula 1 dell’epoca.
Sulla base della monoposto di Formula 2 viene realizzata la 246 Tasmania con il V6 di 65° portato a 2,4 litri di cilindrata. La Dino 246 Tasmania è prodotta tra il 1968 e 1969 in tre esemplari, il primo anno vince due gare con Amon che arriva secondo in campionato dietro Jim Clark sulla Lotus. Nel 1969 i piloti sono Amon e Derek Bell con il neozelandese che vince la Tasman Cup.

La Can Am, il campionato dei paperoni americani

La serie Can-Am (Canadian American Challenge Cup) nasce dalle esigenze americane di avere un campionato con vetture da competizione e motori derivati dalle auto di serie americane sui vari tracciati del nord America. 
L’idea fu suggerita da Stirling Moss con l’impiego di vetture a ruote coperte, gare brevi e tirate, motori senza limiti di cilindrata e cospicui montepremi che potessero attirare i principali costruttori europei. Ben presto Lola e McLaren realizzano barchette che utilizzano i V8 Stock e Big-Block statunitensi ed i piloti europei fanno la fila per correre in America. 

Luigi Chinetti, che importa le Ferrari in America, presto intuisce il clamore mediatico di quelle corse e convince Ferrari a preparare una vettura per partecipare alle gare. La prima biposto Gruppo 7 è la Ferrari 350 Can-Am, derivata dalla P4 del 1967. È agile e veloce, ma il motore non ha la potenza necessaria per competere con i V8 americani di sette litri. La 612 Can Am è realizzata nel 1968 in due esemplari partendo dalla base 350. La 612 debutta all'ultima gara della stagione del Campionato Can-Am del 1968, che si corse il 10 novembre allo Stardust International Raceway, vicino a Las Vegas. In questa occasione Chris Amon si ritirò al primo giro. Nel 1969 la vettura prese parte nuovamente al Campionato, ed i risultati furono migliori. Sempre con alla guida Chris Amon, che arrivò secondo a Edmonton e terzo a Watkins Glen e sul circuito di Mid-Ohio. L’ultima vettura è la 712 Can Am prodotta nel 1971 in un solo esemplare, derivato dalla modifica di una preesistente Ferrari 512S che coglie l’unica vittoria in una gara Interserie (la Can-Am europea) ad Imola con Merzario.

La “Ferrarina” ASA 1000GT

Alla fine degli anni Cinquanta le vetture sportive di piccola cilindrata e alte prestazioni costruite da Abarth, Giannini e altri preparatori su meccaniche FIAT, conobbero grandi successi nelle gare e, conseguentemente, anche una discreta fortuna nelle vendite, soprattutto tra il pubblico giovane. 
Allo scopo di partecipare a questo mercato la Ferrari inizia la sperimentazione costruendo, nel 1960, un prototipo di Gran Turismo con motore quadricilindrico da 850 CC, montato su Fiat 1200 Pininfarina Coupé. 
Nasce l'ASA 1000 GT, più nota anche con il soprannome di Ferrarina, venne poi costruita dall'azienda milanese ASA (acronimo di Autocostruzioni Società per Azioni) dal 1962 al 1967, nelle versioni coupé e spider. Doveva servire anche al lancio di giovani piloti nelle corse partendo dalle gare turismo, ma gli impegni a Maranello sono molteplici e ben presto la ASA 1000 viene abbandonata.

Con le cronoscalate degli anni ’60 inizia la battaglia con la Porsche

Sempre negli anni ’60 La Ferrari inizia a correre nelle cronoscalate, allora feudo delle vetture di Stoccarda, con dei prototipi Dino e conquista gare e titoli con Ludovico Scarfiotti nel 1962 e 1965. Da quelle vetture si arriva alla Ferrari 212E creata per essere impiegata nel Campionato Europeo Montagna del 1969. 

Il motore derivava da quello utilizzato nel 1965 e nel 1966 sulla 512F1 in Formula 1. Il propulsore originale, che fu progettato da Mauro Forghieri, era un 12 cilindri a V di 180° da 1,5 http://L di cilindrata. Lo sviluppo fu eseguito dall’ingegnere Stefano Jacoponi. Il pilota scelto per guidare la 212E nelle gare del Campionato Europeo Montagna e nelle corse di preparazione fu Peter Schetty che proveniva dalla Abarth. La 212E con il pilota svizzero si impone in tutte le gare e registrando anche i record del tracciato in ogni tappa, tranne a Rossfeld, conquistando così il Campionato. Alla fine del 1969 l'unico esemplare del modello fu venduto al pilota privato Edoardo Lualdi Gabardi con una carrozzeria diversa dall'originale che conquistò il campionato italiano della montagna nel 1971.











Immagini di ©Raul Zacchè; Massimo Campi; Archivio Marasca