martedì 6 giugno 2023

24 Ore di Le Mans 2003: il ritorno dei Bentley Boys e la prima vittoria di Dindo Capello



di Massimo Campi

Immagini © Massimo Campi – Raul Zacchè/Actualfoto


La missione era vincere, per forza, ad ogni costo, e loro non hanno fallito. Stiamo parlando dei “Bentley Boys”, dello strapotere della vettura inglese, ma anche della mancanza di avversari validi in grado di contrastarla. La Mans 2003 compie ottanta stagioni, un dato significativo per la più classica e dura delle gare, e la vittoria della marca inglese è un gradito ritorno, ma accanto alla verde GTP ci sono altre due vittorie che hanno un grande peso per i colori italiani, quella della Ferrari, ritornata leader nelle granturismo e di Dindo Capello sulla macchina che è salita sul gradino più alto del podio. Gli avversari? Una bella domanda, praticamente esistenti solo sulla carta, e con un solo nome: quello Audi, che ha si dominato negli ultimi tre anni, ma guarda caso è parente stretta della Bentley Exp Speed 8 vincitrice.


Caldo, tanto caldo in questo torrido fine settimana di metà giugno 2003, con Dindo Capello, Tom Kristensen, Guy Smith che alle quattro della domenica pomeriggio materializzano i loro sogni, seguiti dalla vettura gemella di David Brabham, Mark Blundell e Johnny Herberth, in una edizione soporifera della corsa, che ricorda tanto quelle di alcuni anni or sono, e ben diversa da edizioni entrate nella leggenda come quelle alla fine degli anni novanta, con tante vetture ufficiali a contendersi l’ambito trofeo e ritmi di gara degni di un gran premio, ma lungo una intera giornata.


I tre moschettieri, dopo aver ottenuto la pole position, sono stati in testa per tutta la durata della gara, mentre l’altra Bentley è stata costantemente al secondo posto, attardata solo da piccoli problemi che hanno fatto quella poca selezione tra i due equipaggi.


L’anomalia di questa edizione è stata la ipotetica concorrenza interna nel gruppo Volkswagen, con la Audi R8 a fare da contraltare alla EXP Speed 8, una strategia voluta dai dirigenti tedeschi per rivitalizzare il marchio inglese e finire il dominio della casa degli anelli. La Audi è scesa in campo solo con i team satelliti, quelli privati che fanno correre le barchette dominatrici delle ultime tre edizioni della maratona francese, e subito si è visto che, pur essendo una vettura da vertice e ipoteticamente ancora vincente, senza l’organizzazione di Reinhold Joest la barchetta tedesca ha fatto solamente acqua. Anche l’organizzazione della corsa, forse pressata dal gruppo tedesco e dalla esigenza di contenere le potenze, ha studiato una serie di correttivi regolamentari che hanno favorito i prototipi chiusi a discapito delle barchette aperte. A parte Bentley ed Audi, gli unici che disponevano di vetture al vertice, hanno solo cercato di contenere i distacchi ed arrivare in fondo alla gara. Quinto assoluto un altro italiano, Max Papis, che ha portato la sua Panoz alla fine della maratona con Beretta e Jeanette. Hanno battagliato per tutta la gara contro la Dome di Jan Lammers, Bosch ed Andy Fallace, e la Courage-Judd di Cochet-Gounon-Gregoire. Le tre vetture, dopo 24 ore sono finite nello stesso giro, distaccate di 17 tornate dalla Bentley ed hanno dato vita ad una bella gara per conquistare la classifica delle “altre vetture”.


Ben più serrata la lotta per il primato delle granturismo, con la 550 Maranello preparata dalla Prodrive che ha ampiamente surclassato gli avversari e soprattutto la Chavrolet Corvette, l’unica granturismo sostenuta da un team ufficiale.


Nella classe più piccola continua il dominio delle vetture di Stoccarda, nei confronti delle rivali di Maranello. Se nella serie Fia GT le Ferrari riescono a sopravanzare le Porsche, a Le Mans dove serve soprattutto l’affidabilità è ancora la vettura tedesca a dettare legge. Luhr-Maasen e Collard ha fatto tutta la gara in testa nella N-GT, con la 996 GT3-RSR dell’Alex Job Racing. Anche loro hanno avuto alcuni problemi tecnici, ma gli avversari ne hanno avuti molti di più e la vettura tedesca ha potuto così conquistare un’altra vittoria nella classica francese.


 


Dominio Assoluto


Non c’è stata storia, è questo il motivo della vittoria Bentley, che ha riportato in cima alla classifica uno dei marchi più gloriosi nella storia dell’automobilismo. Sul podio sono risuonate le note di “God Save the Queen” un inno che ha reso orgogliosi i tanti tifosi inglesi che hanno attraversato la manica per vedere la vetture verdi conquistare la sesta vittoria, dopo le cinque ottenute tra il 1924 ed il 1930, proprio ad opera dei famosi “Bentley Boys”, calati apposta nella terra di Francia per vincere la già allora più grande sfida. Le Mans compie 80 anni, una gara sempre valida, un mito per il mondo sportivo, una sfida che vale ancora la pena vincere per il richiamo sportivo e di immagine che ne risulta. Da tre anni la Bentley insegue questo risultato, con un programma quasi partito in sordina, poi pian piano è sbocciato, soprattutto per merito della capogruppo Volkswagen che ha dirottato nella struttura inglese risorse tecnologia ed uomini del programma Audi. La Bentley ha imposto alla corsa un ritmo insostenibile per gli avversari, grazie alla tecnologia impegnata, all’ottima gestione della squadra diretta da John Wickham ed alle prestazioni dei sei ottimi piloti alla guida. Certo che chi vince ha sempre ragione, ma nessuno è riuscito ad impegnare i piloti Audi che hanno spesso corso di conserva badando più a non fare errori per non compromettere il risultato. Le uniche preoccupazioni venivano proprio da eventuali problemi tecnici che si potevano incontrare nel corso della gara. La EXP Speed 8 ha dei tempi di intervento piuttosto lunghi ed eventuali guai o incidenti avrebbero potuto causare seri ritardi, ma per fortuna tutto è filato liscio. Gli unici piccoli problemi sono stati causati da un poggiatesta, dalla batteria ed una foratura sulla seconda vettura, mentre su quella vincitrice c’è stato solo un problema di tarature nelle sospensioni. I test affrontati prima della maratona francese hanno decretato che la vettura era pronta a questa massacrante prova, con una durata degli organi di oltre trenta ore. Un altro problema era invece quello del caldo nell’angusto abitacolo della vettura che raggiungeva durante le ore più calde temperature da Sahara. Anche alcuni i piloti sono stati dirottati dal programma Audi a quello Bentley, ci riferiamo a Dindo Capello e Tom Kristensen, due tra i principali attori di Le Mans negli ultimi tre anni. Per i simpatico astigiano è finalmente arrivata la grande giornata. Autore di due pole position a Le Mans, uno dei piloti più vincenti e veloci con le R8, ma mai sul gradino più alto del podio. Il riconoscimento dello status ufficiale all’interno del gruppo Volkswagen ed i risultati ottenuti, non fanno che rendere omaggio ad un pilota fortissimo e velocissimo ed a un ragazzo di 39 anni che ha fatto della modestia e della simpatia una delle sue più grandi doti. Tom Kristensen è l’altro pilota dirottato dalla casa degli anelli in Gran Bretagna, e sta rischiando di diventare un nuovo “mister Le Mans”. Il danese è l’unico pilota ad aver vinto per quattro volte consecutivamente sulla Sarthe e con l’altro successo ottenuto nel 1997 ha raggiunto nella speciale classifica Derek Bell. Ora gli rimane solo il record di Jacky Ickx da battere, quello delle sei vittorie conquistate in 15 edizioni della gara, ma Kristensen le sue le conquistate in sole sette 24 ore dimostrando di essere un pilota di grande valore e pronto a raggiungere il record assoluto.


Con questa vittoria la Bentley EXP Speed 8 entra nella leggenda e …. va in pensione. Finito il programma triennale e conquistato il risultato, il team inglese, nato dalla ex Tom’s, la struttura acquistata qualche anno fa proprio dall’Audi, ha finito la sua missione e verrà dirottato in altri programmi. La Bentley verrà nuovamente portata in pista entro fine anno alla Petit Le Mans di Road Atlanta e poi finirà nel museo come le sue antenate.


Le GT vedono rosso


Tante stagioni sono passate da quando una vettura rossa non vinceva sul tracciato francese, precisamente ventinove, quando toccò alla 365 GTb4 di Grandet-“Bardini” vincere la classe granturismo nel 1974. Per la cronaca c’è stata anche una vittoria più recente, quella nel 1981 della classe GTX, le derivate IMSA, con la BB di Ballot Lena e Androuet, ma la vittoria di quest’anno della 550 Maranello ha ben altro sapore. David Richard, il patron della Prodrive, ha creduto in questo programma finanziato in gran parte da Federic Dor, ed ha saputo rendere competitiva, ma soprattutto affidabile, una vettura fantastica. Kox-Enge e Davis hanno fatto il resto guidando alla perfezione la supercar di Maranello e battendo una concorrenza molto qualificata di nome Chevrolet. La casa statunitense negli ultimi anni ha dominato la scena nelle grandi classiche di durata, la Corvette è stata ben sviluppata, con ingenti capitali, dalla squadra ufficiale e tutti si attendevano una nuova vittoria. La Ferrari, più veloce, ha sempre avuto il problema dell’affidabilità, la dote principale della Corvette, ma a Le Mans la situazione si è ribaltata. La vettura della Prodrive non ha sbagliato un colpo macinando chilometri in continuazione, mentre le Corvette, costrette ad inseguire ed a forzare l’andatura si sono dimostrate anche fragili. La Chevrolet a Le Mans è venuta per festeggiare il cinquantenario della casa, con tanto di benedizione di Gorge Bush Jr che ha mandato un messaggio di auguri, ma solo dopo mezz’ora la vettura di Gavin-Pilgrim-Collins aveva un ritardo considerevole nei confronti della Ferrari, poi si sono rotte le trasmissioni, con tanto tempo perso ai box e la conseguente sconfitta e ben dieci giri di distacco alla fine delle 24 ore.


Nella classe GTS si sono presentate al via alcune vetture interessanti, come le Saalen e la Pagani Zonda, al suo debutto a Le Mans. La vettura italiana è stata schierata dal team Carsport, pilotata da Hezemans-Kumpen-Hart, ma la mancanza di affidabilità la ha costretta alla resa. Delle Saalen l’unica al traguardo è risultata quella Chaves-Erdos-Newton, ventiduesima assoluta, mentre ancora valida si è dimostrata la Viper, una vettura a fine carriera agonista, ma ancora valida in questa maratona, che ha conquistato il sedicesimo posto assoluto con Bouchut-Goueslard-Zacchia.






























domenica 4 giugno 2023

WorldSBK a Misano (domenica), le foto di Bonoragency Photosport

Misano World Circuit, 4 giugno 2023
WorldSBK, Emilia Romagna Round

foto di Andrea Bonora e Micaela Naldi
Bonoragency Photosport


Riproduzione riservata




































March 881, la prima sfida in Formula 1 di Adrian Newey




di Massimo Campi

Immagini © Massimo Campi e Raul Zacchè/Actualfoto


La March-Leyton House è una monoposto che ha lasciato il segno nella Formula 1 degli anni '80. Una monoposto rivoluzionaria, con il V10 Judd aspirato, che ha saputo competere con le migliori vetture turbocompresse. La prima vettura è stata la 881, per la stagione 1988, ed è rimasta nella storia anche per essere la prima monoposto di Formula 1 progettata da un giovane Adrian Newey.


La storia della March Leyton House gravita attorno a due figure: Cesare Gariboldi ed Akira Akagi, il proprietario della Leyton House, una agenzia immobiliare giapponese. Gariboldi, team manager della Genoa Racing, vince il campionato 1986 di F.3000 con Ivan Capelli. Il pilota milanese, corre con la monoposto, realizzata dalla March, sponsorizzata dall'agenzia immobiliare giapponese. La March 86B monta il V8 di tre litri e Capelli conquista il campionato con due vittorie e diversi piazzamenti battendo Emanuele Pirro, anche lui con la March 86B e Pierluigi Martini con la Ralt RT20.


"Una avventura nata in modo molto anacronistico rispetto ai giorni odierni – così ricorda Ivan Capelli la sua avventura nella formula cadetta – nel 1986 sono tra i primi nel campionato di F.3000 che poi andrò a vincere. Ad Imola vado molto bene nelle prove e dopo il turno di qualifica incontriamo il responsabile della Bridgestone, che conosceva molto bene Gariboldi e ci presenta un anonimo signore giapponese che sembrava un turista, alto, imponente, tutto vestito di bianco, con una macchina fotografica al collo. Era Akira Akagi, il proprietario della Leyton House, una azienda immobiliare, che aveva anche un team di F.2 in Giappone. Il pilota giapponese della squadra era morto in un incidente stradale, Akagi stava cercando un sostituto che fosse disposto a correre nel campionato giapponese ed era rimasto impressionato dalla mia prestazione. Rimasi un po' perplesso, fu subito trovato un accordo ma imposi ad Akagi anche la presenza di Gariboldi al mio fianco ed in cambio, a parte i rimborsi spese, chiesi anche il 40% dei premi eventualmente vinti per poi finanziare le corse in Europa. Akagi mi strinse la mano e così partì il primo accordo per disputare alcune gare in Giappone. Io e Cesare salimmo sull'aereo, ovviamente classe economica per risparmiare, arrivammo a Suzuka, vidi per la prima volta la macchina e la pista, subito feci la pole position. In gara finii secondo dietro a Satoru Nakajima, grande mattatore delle corse nella terra del sol levante che sfruttò meglio le gomme. Era il primo podio per la Leyton House, ed il mio arrivo fece grande scalpore, allora non c'erano italiani in Giappone, ed oltre al sottoscritto gli unici stranieri erano Geoff Lees e Stefan Joahnsson.  Akagi era felicissimo, mi sponsorizza anche in F.3000 e con Gariboldi abbiamo il budget necessario per andare a vincere il campionato."



Dalla vittoria in Formula 3000 nasce l'operazione Formula 1 – "A fine stagione abbiamo un incontro con Akagi, voleva che corressi con lui in Giappone per la stagione successiva. Eravamo a cena in un ristorante, ed io iniziai a bleffare dicendo che avevo avuto diversi contatti importanti per correre in F.1 e non mi interessava correre in F.2 giapponese. Cesare Gariboldi mi guardava esterrefatto e preoccupato, non riusciva a capire dove volessi arrivare! Akagi mi voleva offrire un contratto di 200.000 dollari più tutte le spese per continuare a correre con la sua squadra. Continuai a rifiutare la sua offerta fino a quando mi chiese quanto costava correre in F.1. Iniziai a snocciolare le varie richieste economiche che normalmente le squadre chiedevano per riempire di scritte le varie parti della monoposto, ma Akagi aveva un'altra visione e ad un certo punto chiese quanto costava acquistare e fare correre una monoposto, in pratica voleva sapere il costo per mettere insieme un team. Guardai Gariboldi negli occhi, non sapevo più cosa dire, Cesare capì al volo la situazione e sparò la richiesta del budget necessario di quattro milioni di dollari, una cifra immensa per l'epoca. Akagi mi fece solo una domanda: Ivan sei convinto di correre in F.1? Ovviamente la mia risposta fu affermativa, Akagi mi strinse la mano e disse "okey, allora siamo in F.1".


La prima vettura è progettata da Gordon Coppuck che modifica il telaio della F.3000 adattandolo al Ford Cosworth V8 DFZ di 3,5 litri. La March 871 debutta al GP di San Marino e sarà una stagione travagliata con molti ritiri ed un solo punto in classifica con Capelli che giunge sesto nel toboga di Montecarlo, sfruttando le doti di coppia del V8 aspirato.


La grande svolta tecnica arriva nel 1988 con la nuova monoposto, la March 881, progettata da Adrian Newey, che già lavorava in March dal 1981 e si era dedicato alle monoposto per Indy. Il progettista di Stratford Upon Avon realizza una monoposto estrema con un telaio dalla linea stretta e affusolata, in netto contrasto con le convenzionali March degli anni precedenti. La March 881, colorata dalla caratteristica livrea "Miami blue", ha un abitacolo strettissimo, in cui Capelli fa fatica ad entrare. Il tutto in nome dell'efficienza aerodinamica e come motorizzazione ha il V8 Judd il più potente aspirato della categoria, l'unico in grado di poter affrontare i potenti turbo delle squadre di vertice.


L'assetto della 881 è estremamente rigido, tanto che sul rettilineo del Casinò a Monteal le sollecitazioni sono talmente forti che il pilota milanese spesso perdeva la vista per pochi istanti per il dolore causato dai sobbalzi della vettura. A Detroit invece, Capelli si frattura un piede dopo aver perso il controllo a causa dei continui sobbalzi indotti dall'assetto rigido.


La March 881 si rivela come la vettura dell'anno, anche se non vince nessuna gara, ma è l'unica aspirata che riesce a stare con i motori turbo, il tutto grazie all'aerodinamica estrema voluta da Newey. Il problema principale però è la scarsa affidabilità del V8 Judd, che è stato spremuto al massimo per potere competere con team che hanno budget infinitamente più elevati di quello della Leyton House. Il Judd ha ben 580 cv , lotta contro i turbo Honda e Ferrari che hanno circa 300 cv in più ed Adrian Newey pensa ad una monoposto estremamente filante come descrive nel suo libro "la 881 era nata attorno alla figura di Ivan Capelli che aveva un fisico abbastanza minuto ed avevo intenzione di approfittarne creando un abitacolo molto piccolo. Realizzammo un modello affinchè ci si sedesse dentro, poi abbiamo spostato i pedali verso di lui in modo da piegare il più possibile le gambe. Partimmo dalle dimensioni di quegli spazi per progettare il telaio con l'idea di realizzare l'abitacolo il più possibile aderente al suo corpo. Dal momento che il pilota siede con i talloni più vicini della punta dei piedi ho realizzato lo chassis a forma di V con la parte inferiore più stretta rispetta a quella superiore"


Rispetto alla macchina della stagione precedente, la March 881 presenta un carico aerodinamico superiore del 50% allo stesso valore di resistenza dell'aria, un notevole passo avanti in termine di prestazioni. La 881 attira ben presto la curiosità degli altri tecnici, tanto che, ad Imola durante la prima sessione di test, c'è un viavai  di persone che sbirciano le soluzioni del tecnico inglese. Tra loro c'è anche Harwey Postlethwaithe passato quell'anno alla Ferrari che viene scoperto mentre, accucciato al suolo, cerca di carpire i segreti della vettura.


Una della massime soddisfazioni di Adrian Newey è al GP del Portogallo, quando Capelli ha la meglio sulla McLaren di Ayrton Senna "A due terzi della gara Ivan capì come passare il brasiliano: rimase leggermente indietro prima dell'ultima curva, rimase in scia alla McLaren ed uscì all'ultimo momento in frenata. Ricordo l'euforia del momento, questa piccola squadra con poche risorse ed il motore aspirato aveva avuto la meglio su una McLaren, pilotata da Ayrton Senna. La McLaren con i motori turbo Honda era su un altro livello, e se una McLaren veniva sorpassata era solo da un'altra delle loro monoposto. Che ci fosse riuscita un'altra vettura ed anche aspirata, era fantastico!"



La stagione 1988 della March 881 si conclude con un sesto posto finale e 17 punti in classifica mondiale per Ivan Capelli, mentre Mauricio Gugelmin conquista solo 5 punti. La 881 si presenta al via anche del Mondiale 1989 in quanto la nuova monoposto non è ancora pronta. La stagione 1989 però non inizia bene per la Leyton House: Cesare Gariboldi muore tragicamente in un incidente stradale avvenuto verso le 13 di martedì 24 gennaio 1989. Forse a causa di un malore improvviso perde il controllo della sua auto e va a sbattere contro un albero mentre si sta recando da Fidenza a Parma. Gariboldi aveva 39 anni e da quel momento la nuova vettura viene battezzata CG 891 per ricordare il manager italiano.


Alla prima gara Gugelmin conquista subito un terzo posto che frutta alla squadra i primi ed unici 4 punti di quella stagione. Infatti, la nuova CG 891 si rivelerà estremamente fragile e nel resto della stagione collezionerà una serie di ritiri e piazzamenti poco significativi.







WorldSBK a Misano nel segno di Ducati e Alvaro Bautista. Con oltre 70mila spettatori nel weekend


 

Misano World Circuit, 4 giugno 2023 – Si chiude con 70.815 presenze nel weekend l'Emilia-Romagna Round del Pirelli WSBK. Un risultato che migliora quello del 2022 (65.825) e supera anche quello del 2019 (70.447).

In pista, sui prati, in tribuna e nel paddock la colorata e calorosa presenza del pubblico ha regalato un grande weekend di sport e la Ducati protagonista in giallo con le livree che hanno richiamato una luminosa fase della sua storia ormai centenaria. Gialla e vittoriosa con Alvaro Bautista in tutte e tre le gare. Di grande rilievo anche l'impatto mediatico, con 175 operatori dell'informazione accreditati e provenienti da 17 Paesi. Brividi in griglia per l'inno di Mameli eseguito prima di gara 2 dalla Fanfara del corpo dei bersaglieri di Gubbio.

 

Anche oggi, insieme al grande pubblico degli appassionati, tanti gesti di sostegno alla gente romagnola colpita dall'alluvione. Si sono concentrate le iniziative annunciate: quella di APT Servizi e MWC con l'adesivo 'Emilia-Romagna dai de gas' sulle carene e caschi e preparato dalla Drudi Performance; l'invito continuo alla raccolta fondi della Protezione Civile della Regione; l'asta benefica che sarà avviata da Dorna WSBK Organization coi cimeli autografati, in palio fino al Prometeon Italian Round a Imola dal 14 al 16 luglio (oggi presenti a Misano World Circuit il sindaco di Imola Marco Panieri e l'assessore allo sport Elena Penazzi). In pista anche un minuto di raccoglimento in memoria delle vittime.

 

Per il territorio e Misano World Circuit si chiude quindi una serie di tre weekend consecutivi con risultati eccezionali di pubblico, interesse commerciale e mediatico: dai 37.000 partecipanti al Misano Grand Prix Truck, ai 15.000 dell'Aprilia All Stars, fino ai 70.000 dell'Emilia-Romagna Round. Oltre 120.000 presenze in circuito, un risultato eccezionale.

 

LE GARE DI OGGI

WSBK: Anche Gara 2 è dominata dal dominatore della SBK che sul traguardo precede Toprak Razgatlioglu e Axel Bassani. In mattinata era arrivata la vittoria in Superpole Race davanti a Toprak Razgatlioglu e Michael Ruben Rinaldi. La gara si è conclusa con tre giri di anticipo per l'incidente che ha coinvolto Danilo Petrucci e Iker Lecuona.

WSSP: Gara fantastica di Stefano Manzi che ha superato Nicolò Bulega dopo un duello che ha infiammato il pubblico e risolto solo all'ultimo giro. Terzo Marcel Schrötter.

WSSP300: Dopo la vittoria di ieri, Bruno Ieraci ha concesso il bis in Gara 2, precedendo sulla linea del traguardo il tedesco Dirk Geiger e il ceko Petr Svoboda.

 

LE DICHIARAZIONI

"Quando coincidono grandi eventi e infrastrutture di qualità si generano presenze turistiche importanti – il commento di Andrea Corsini, Assessore al Turismo della Regione Emilia-Romagna – In questi anni il circuito ha visto investimenti importanti dalla proprietà, si sono aggiunti spazi e servizi. MWC sta esprimendo grandi potenzialità, direi che è ormai fondamentale nella politica di promozione della nostra economia turistica per numeri prodotti e per la visibilità che eventi mondiali come questo garantiscono".

 

"Siamo molto soddisfatti per il successo dell'Emilia-Romagna Round – dice Giammaria Manghi, Capo della Segreteria Politica della Presidenza della Regione – per la numerosità del pubblico e per l'interesse generale che conferma il WorldSBK come evento mondiale di assoluto rilievo. Notizie positive in un frangente delicato per tante comunità del nostro territorio. Lo sport a questi livelli garantisce opportunità fondamentali di rilancio".

 

"Il successo dell'Emilia-Romagna Round del WSBK è un segnale importante per il territorio e per il motorsport – commenta Andrea Albani, managing director MWC – Arriva in settimane nelle quali aree della Romagna sono state ferite profondamente. Tutti avevamo bisogno di una risposta così. Le decine di migliaia di presenze del WSBK e di questi ultimi tre weekend testimoniano che la macchina dell'accoglienza è a pieno regime. Abbiamo ospitato appassionati e uomini di business a livello mondiale, coinvolti dalle manifestazioni in un clima propositivo, che scelgono la Motor Valley per i loro progetti industriali e di comunicazione. E' il successo di un sistema che funziona e che asseconda un potente volano destinato a crescere ancora".

 

Gregorio Lavilla, WorldSBK Executive Director: "Dopo un fantastico weekend di gare siamo felici di riflettere sul successo del WorldSBK Round di Misano. Questo evento non solo ha dimostrato l'incrollabile passione dei fans nei confronti della tradizione agonistica dell'Emilia-Romagna, ma ha anche evidenziato il forte legame tra WorldSBK e Misano World Circuit. Assieme abbiamo dimostrato il potere dell'unità e la capacità del motorsport di riunire le persone anche in tempi difficili".


Foto Bonoragency Photosport 

18° Rally Campagnolo: quinto sigillo per Da Zanche



Si è conclusa una rocambolesca diciottesima edizione del Rally Campagnolo, quarto appuntamento del Campionato Italiano Rally Auto Storiche, organizzato dal Rally Club Team Isola Vicentina con la collaborazione di ACI Vicenza. Ad aggiudicarsi la vittoria, la sua quinta personale dopo quelle del 2009, 2011, 2012 e 2026, è stato Lucio Da Zanche tornato in quest'occasione a far coppia con Daniele De Luis. Il duo della Ro Racing è passato al comando dopo il primo giro di prove, quando Giovanni Costenaro e Matteo Gambasin si sono dovuti ritirare per problemi al cambio della Ford Sierra Cosworth con la quale erano al comando; alla vittoria assoluta, il duo valtellinese va ad aggiungere anche quella del 2° Raggruppamento. Al secondo posto si è classificata la Ford Escort RS Gruppo 4 di un convincente Enrico Volpato assieme a Samuele Sordelli, autori di un notevole exploit in avvio di gara staccando il miglior tempo sulla "Gambugliano"; per loro anche il primato in 3° Raggruppamento. A completare il podio sono Valter Pierangioli ed Arianna Ravano con la Ford Sierra Cosworth 4x4 con la quale si sono aggiudicati il 4° Raggruppamento, dopo una gara iniziata in salita per un'errata scelta di gomme.

Ai piedi del podio hanno chiuso Nereo Sbalchiero ed Elia Molon su Lancia Delta Integrale, risultando il primo equipaggio vicentino al traguardo e alle loro spalle si sono piazzati Enrico Bonaso e Nicolò Lazzarini, che col risultato acquisito recuperano quota in Campionato Italiano dopo il ritiro del Costa Smeralda. Sesta posizione per Natale Mannino assieme a Giacomo Giannone su Porsche 911 SC con la quale chiudono secondi di 3° Raggruppamento rafforzando la posizione in Campionato.

In settima posizione troviamo la Fiat Ritmo 130 TC di Matteo Luise e Melissa Ferro, non pienamente soddisfatti di una comunque eccellente prestazione, condizionata in parte da una non ottimale scelta delle gomme ad inizio gara. Adriano Beschin e Riccardo Pellizzari sono ottavi assoluti con la Porsche 911 SC precedendo la 911 SC/RS di Riccardo De Bellis e Christian Soriani. A completare la top-ten sono Luca Delle Coste e Giuliano Santi con la Ford Escort RS MK1, bravi a risalire dalla ventitreesima posizione iniziale. Di spessore la vittoria della classe 2-2000 del 3° Raggruppamento, per Marco e Mattia Franchin che con la loro Alfa Romeo Alfetta GTV hanno avuto la meglio su un lotto di diciassette equipaggi; buona la prestazione anche di Tiziano Nerobutto e Giulia Zanchetta primi di classe 2-1600 con la Volkswagen Golf Gti e altrettanto dicasi per Luciano e Lorena Chivelli, trentesimi assoluti e primi di classe con la piccola FIAT 127 Sport. Ai solitari Alberto Mondinelli e Diego Taboni, la vittoria in 1° Raggruppamento. Tra le scuderie, vittoria per il Team Bassano con la Rally & Co e Ro Racing a seguire.

Combattuto ed avvincente è stato anche il quarto round del Trofeo A112 Abarth Yokohama che trova un nuovo vincitore in Marco Melino che si rifà della poca fortuna delle precedenti gare festeggiando una meritata vittoria assieme al navigatore Michele Sandrin; alle loro spalle Orazio Droandi e Oriella Tobaldo e al terzo posto hanno chiuso nuovamente Andrea Fichera e Lorenzo Pagliaro.

Delle otto prove speciali in programma, ne sono state disputate sette: è stato infatti annullato il secondo passaggio a "Santa Caterina" a causa di un violento temporale che ha reso impraticabile la strada. Dei centododici equipaggi partiti, sono settanta quelli che hanno concluso la gara.

Nella gara di regolarità a media che si è svolta su un percorso ridotto rispetto al rally, a festeggiare la vittoria sono Giorgio Schoen e Francesco Giammarino su Lancia Delta Integrale con la quale hanno preceduto la BMW 320 di Giorgio Garghetti e Barbara Giordano; a completare il podio sono Andrea Giacoppo e Lisa Oliviero su Fiat 128.

Con le premiazioni effettuate sotto una fastidiosa pioggia si è conclusa la diciottesima edizione del Rally Campagnolo portata sino in fondo grazie anche al lavoro di una collaudata squadra di collaboratori - guidati da un combattivo Renzo De Tomasi - che dato il massimo impegno superando anche problematiche non previste, permettendo il regolare svolgimento della manifestazione. 


Foto di ACISPORT