- di MASSIMO CAMPI
- foto di RAUL ZACCHÈ - ACTUALFOTO e MASSIMO CAMPI
Michael Schumacher è nato il 3 gennaio 1969 a Kerpen, un paese della Renania in Germania. La sua vita è chiusa nel mistero da anni dopo l’incidente durante una discesa con gli sci in un fuori pista sulle nevi di Méribel in Savoia.
I numeri lo dicono chiaramente, Michael Schumacher è stato il più grande campione della storia del motorsport, nel suo periodo, il pilota che ha spostato in alto l’asta di ogni record: sette titoli mondiali, di cui ben cinque consecutivi, 91 volte sul gradino più alto del podio e ben 1566 punti mondiali conquistati. Solo Lewis Hamilton è riuscito a superare il pilota di Kerpen, ma la lista dei numeri e dei record conquistati dal kaiser tedesco potrebbe continuare per pagine. Uno su tutti: le 72 vittorie con la Rossa di Maranello, sicuramente la squadra con cui verrà identificato per sempre nella storia.
Un serio professionista, un cannibale delle piste, due volti che identificano lo Schumacher pilota. Serio meticoloso nello sviluppare la vettura, un uomo squadra che riusciva a coinvolgere i tecnici ed i meccanici indirizzando le scelte tecniche che poi capitalizzava con il volante in mano. Un cannibale in gara, sempre al limite, duro oltre misura con gli avversari.
Schumacher, l’uomo che ama il rischio, anche se lo ha sempre calcolato. Il rischio della pura velocità. Un malato, maniaco, di adrenalina pura. Ma anche il rischio della propria immagine e della carriera, come quando si è rimesso a correre in kart, o in moto nel campionato tedesco superbike, ed il suo ritorno, con la Mercedes, chiamato per sviluppare il team e la vettura. Tre anni da comprimario, surclassato da piloti che potevano essere suoi figli, ma più veloci ed arrembanti di lui. Un secondo e definitivo ritiro, che ha in parte offuscato la sua fama di pilota, ma non quella di uomo, ancora il più acclamato dai tifosi.
Poi il buio, da quel triste 29 dicembre 2013, coma profondo, lotta per la vita, triste fatalità per il sette volte campione del mondo. Una quasi banale caduta sugli sci mentre stava seguendo dei bambini durante una discesa. Un urto contro una roccia, mentre stava percorrendo un tratto di collegamento tra due piste per soccorrere una bambina caduta, un brutto scherzo del destino, ed anche lui colpito da quella pazzesca sindrome che ha spazzato via dei grandi campioni del motorsport. Un banale incidente, fuori dal contesto agonistico, dopo avere fatto del rischio l’attività principale per tutta la vita. Come Mike Hawthorn, Mike Hailwood, Patrick Depailler, Didier Pironi, Colin McRae, Graham Hill, quasi un copione già scritto che ha spezzato la storia, e purtroppo la vita di grandi campioni, fuori dalle piste, fuori dal loro naturale contesto.
Foto di RAUL ZACCHÈ - ACTUALFOTO e MASSIMO CAMPI