Clemente Biondetti è tra i più grandi piloti italiani. E non solo. Per il record di vittorie alla 1000 Miglia - quattro - e per i successi nelle corse più prestigiose negli anni leggendari tra le due guerre e subito dopo. Una storia ben nota agli appassionati che lo ricordano anche per quella Ferrari con cui partecipò al Gran Premio d'Italia del 1950, una Ferrari decisamente originale, spinta da un motore Jaguar, litri 3.4 in sei cilindri XK. Non arrivò al traguardo.
Nel 1956, un anno dopo la scomparsa del pilota, venne fondata a Firenze la Scuderia Biondetti (negli anni Settanta rinominata Firenze Corse – Biondetti) che conobbe una lunga e non sempre facile storia che s'interruppe nel 1976. Per il sodalizio, che si avvalse anche di sedi distaccate a Livorno e a Borgo San Lorenzo nel Mugello, corsero svariati piloti di livello internazionale al volante di vetture di pregio, fra cui Ferrari 250 GT SWB, Alfa Romeo Giulia TZ2, Porsche 904 e Carrera 6. Alla fine degli anni ottanta, su iniziativa di un gruppo di appassionati fiorentini, la Scuderia Biondetti rinacque per arrivare fino ai nostri giorni. Nei trent'anni del periodo “moderno”, la Biondetti si è fatta apprezzare anche per il suo ruolo di ente organizzatore di gare ed eventi automobilistici, quali la Coppa della Consuma, la Scarperia-Passo del Giogo, la Firenze-Fiesole o il Circuito Stradale del Mugello.
La storia, forse poco conosciuta, della scuderia dedicata al grande campione, nato in Sardegna ma toscano d'adozione, è diventata un interessante volume curato da David Tarallo, appassionato giornalista e storico dell'automobilismo, che ripercorre oltre mezzo secolo di vicende che hanno legato la Scuderia all'automobilismo italiano e internazionale. Circa 440 foto e riproduzioni di documenti quasi tutti inediti caratterizzano questo volume che vuole portare un ulteriore contributo alla ricerca sulle tante realtà dell'automobilismo toscano.
(Editore Gemini ModelCars, 292 pagine, 440 foto a colori e b/n, €22.00)