> di Luciano Passoni
Per i tecnici una macchina, per gli artisti un’icona e per i poeti una leggenda. L’Alfa Romeo GTA Junior, il sogno proibito, per molte tasche, di una, o anche più, generazioni. Non passa inosservata, la ammirano i giovani di ieri e quelli di oggi, con la differenza che i primi l’hanno vista in corsa e gli altri si devono accontentare di youtube. Poco importa, tutti insieme si fermano e respirano un’aria diversa, entra nei polmoni e si irradia nel cuore attraversando l’anima. Gli occhi servono solo per guardare e in questo caso non basta.
E così uno degli uomini che l’hanno portata al successo: Gian Luigi Picchi, ci riporta in un passato che era solo ieri. Non così lontano da essere dimenticato, quasi impossibile per chi l’ha avuta come primo amore, vicino e presente per chi la scopre, per motivi d’età, solo ora.
“I miei anni in Autodelta”, la lunga strada verso l’Europeo 1971 è il racconto di un pilota, di un campione e di un uomo, un connubio che per Gian Luigi è indivisibile. Lo dimostra nel libro come lo ha fatto in pista: sicuro, deciso, poco spazio alle apparenze e l’obbiettivo teso al risultato. Tutto potrebbe però sembrare troppo freddo e razionale ma non è così. Sfogliamo il libro, guardiamo le foto e leggiamo il testo nel tempo di un gran premio. Non c’è intervallo, un semplice pit-stop per la classica e immancabile seccatura. Se non è un familiare è l’amico, di solito quello più antipatico, e se non lo era lo è improvvisamente diventato. Si riparte decisi a finire, la scrittura scorre veloce e la lettura la insegue. Un mondo diverso, irripetibile e, purtroppo, scomparso. Curve, salti, controsterzi; la “Muso Giallo”, rappresentata nella mirabile copertina, macina chilometri e avversari; il suo compagno, seduto al posto di guida, la accompagna, apparentemente con dolcezza, si parlano e si intendono, entrambi sanno cosa vogliono dall’altro e la bandiera a scacchi interrompe più una storia d’amore che una “semplice” competizione. Sfogliamo l’ultima pagina e non ci accontentiamo della parola fine, così ci leggiamo persino il codice a barre. Rigiriamo il libro nelle mani e diventa quasi un volante, come da bambini facevamo sul divano di casa. Ci ricordiamo dell’amico al telefono e mentre dobbiamo forzatamente ritornare alle seccature della quotidianità, pensiamo a cosa ci hanno lasciato queste pagine. La mente ci suggerisce tante parole e tanti aggettivi ma è il cuore che prende il soppravvento: non abbiamo letto un libro, abbiamo condiviso un’esperienza.
Le foto che seguono, di Luciano Passoni, si riferiscono alla presentazione al Museo Cozzi - Legnano, presenti lo stesso Picchi e Davide Cironi, l'editore di Drive Experience. Anche le foto di Picchi del 1971 sono dell'archivio di Passoni, che le ha rese disponibili per il libro e alcune sono state pubblicate nello stesso.